Ho divorato in un paio di ore di lettura Io e il drago, l’ultimo libro scritto da Francesco Cannadoro, il terzo in ordine di tempo.

Questo, però, a differenza dei primi due libri, si rivolge ai bambini, dai 9 anni in sù.

Sì, perché questa è la storia di Tommi raccontata da Tommi, o almeno così vorremmo che fosse. In realtà è Francesco che da voce e pensieri a Tommaso, suo figlio, come se fosse quest’ultimo a raccontare di sé, della propria vita, della lotta contro il “drago” che non ha ancora un nome, e lo fa rivolgendosi direttamente ai bambini.

Credo, da mamma, che sia molto difficile mettersi nei panni dei propri figli e raccontare le cose come se le vedessimo coi loro occhi, come se le sentissimo con le loro mani, filtrate dalle loro emozioni, che non sono le nostre.

Nel caso di Francesco credo che l’intento non sia riportare fedelmente ciò che sente o pensa Tommaso, perché sarebbe comunque impossibile calarsi pienamente nei panni di un’altra persona, figuriamoci se questa persona, questo bambino, ha anche poche possibilità di far capire come si sente e come vive il proprio esserci nel mondo, però l’intento nobile e potentissimo è quello di cercare di comunicare la disabilità ai bambini, con gli occhi di un bambino che la vive sulla propria pelle.

Francesco scrive nella sua pagina Facebook che è stato difficile, ma anche terapeutico provare a calarsi nei panni di Tommaso, come se questa avventura letteraria lo avesse avvicinato ancora di più al mondo di Tommi che già conosce come papà, e far capire anche al mondo e ai più piccoli soprattutto, chi è Tommi.

Fare finta di essere qualcun altro lo so fa spesso nei giochi dei bambini, sembra una banalità, ma è utile per far capire la diversità. Tutti siamo diversi in un modo o nell’altro, Tommi lo è a modo suo e a modo suo esiste nel mondo e lo colora, lo respira, interagisce con quello che può è quello che ha.

Questo piccolo libro credo voglia far capire ai giovani lettori la sfida della diversità, il coraggio di affrontare cose che fanno paura a testa alta e soprattutto a non aver timore di chi è diverso da noi.

Certo, quando si parla di disabilità e di bambini, si corre sempre il rischio di oscillare come funamboli sul filo tra due opposti, entrambi non preferibili: quello del “pietismo”, e quello dell’”eroismo”, della grande forza interiore che ci vuole a vivere con una disabilità e accanto a una disabilità.

Ecco, la storia di Tommi, raccontata da Tommi (o da papà Francesco che, a suo figlio, presta la voce) non fa né una né l’altra cosa.

Tommaso non è, e non appare tra le pagine, né come un “poverino”, a cui carezzare la testa quando passa e pregare, né come un “eroe”, perché di sfortune ne ha passate tante, ma comunque mantiene il sorriso e la forza di combattere questa cosa che gli è capitata insieme alla sua famiglia.

Non è un eroe, però, è un bambino e come tutti i bambini, ha paura, è felice, prova emozioni, assaggia cose, assapora la vita, seppure in salita.

Questo è quello che è arrivato a me: la storia di un bambino, una storia difficile, una storia che a volte fa rabbia, fa tristezza, lascia un senso di agrodolce addosso, perché la disabilità è così. Ingombrante e invadente e non chiede permesso quando ti deve buttare giù. Da genitore non posso proprio dire di aver letto con leggerezza certi passaggi del libro, che già conoscevo dalla lettura degli altri due libri precedenti, ma pensò che, se leggessi questa storia con lo spirito e l’occhio di un bambino, potrei anche sorridere di certe disavventure di Tommi e dei suoi genitori.

Credo che sia un tentativo piuttosto riuscito di portare la disabilità, con le sue sfide, le sue brutture, ma anche i suoi insegnamenti (pochi insegnamenti l, ma ci sono: primo fra tutti, la grande flessibilità mentale e adattabilità che bisogna avere per sopravvivere), nell’ambiente dei bambini e delle scuole, perché  è giusto che se ne parli ai bambini e ragazzini, ma quando lo si fa, se ne deve parlare bene, anche con leggerezza, perché no?

Francesco Cannadoro lo fa e lo fa bene e la voce di Tommi è perfetta, mai troppo seria, mai troppo fuori dalle righe.

La disabilità è un concetto difficile da capire, una situazione complessa da spiegare a chi non la vive o conosce, ma come dice Tommi:

Non è un problema, spaventarsi è normale. Può succedere. E te lo dice uno che si spaventa da tutta la vita. Il vero coraggio non è non avere paura di niente, ma affrontare ciò che ci fa paura. Quindi non si può sapere quanto sia coraggioso qualcuno, finché non ha paura di qualcosa.

Per essere genitori ci vuole coraggio, per essere genitori di un bambino come Tommaso ci vuole molto più coraggio e una armatura bella spessa contro i draghi e tanto, tantissimo amore.

 

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(Foto autorizzate)

 

Samanta Crespi

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