Questo articolo trovato sul web e che metto qui di seguito, mi ha dato l'occasione di fare una riflessione, che credo non sia distante dal sentire comune.

Per troppo amore si può morire, non è soltanto una frase ad effetto, ma potrebbe essere l'epilogo straziante dei nostri anziani e disabili, lasciati da soli negli istituti dove sono ospiti e reclusi per timore del contagio da Covid 19. La stessa solitudine che faceva morire i neonati abbandonati negli orfanotrofi degli USA negli anni '40 del 1900. Renè Spitz uno psicoanalista viennese emigrato durante la seconda guerra mondiale negli Stati Uniti condusse, per la prima volta uno studio su bambini abbandonati in orfanotrofio seguendo il metodo scientifico sperimentale. Nello scritto Hospitalism e nel filmato Grief a peril in infancy il ricercatore osservò 91 bambini abbandonati sin dalla nascita in orfanotrofio, nutriti regolarmente ma con scarsi contatti interpersonali. Le nutrici dedicavano qualche carezza ai primi della grande camerata in cui vivevano gli infanti ma per gli ultimi il tempo stringeva e non si andava oltre le minime interazioni necessarie al nutrimento e all’igiene. Dopo 3 mesi di carenza di contatti i bimbi svilupparono una grave apatia, inespressività del volto, ritardo motorio e deterioramento della coordinazione oculare. Nelle loro culle si formò un piccolo avvallamento che li avvolgeva completamente. I piccoli entravano in uno stato che Spitz paragonò al letargo: se ne stavano immobili in quelle nicchie che per molti divennero le loro tombe. Entro la fine del secondo anno di vita, il 37% dei 91 bambini, pur essendo stati alimentati correttamente, morì. Morirono con i segni clinici del marasma, una malattia provocata dalla carenza proteica tipica della denutrizione. Morirono i bambini che stavano in fondo alla camerata e che avevano ricevuto cibo senza contatti interpersonali. Chi riuscì a sopravvivere non fu in grado di parlare o di camminare, spesso i superstiti non erano in grado nemmeno di rimanere autonomamente seduti.

Da questo studio partirono una serie di studi di altri studiosi che sono ora alla base delle moderne teorie Psicopedagogiche e sono adottate da tutte le scuole di psicologia dello sviluppo.

Di amore abbiamo bisogno dalla culla alla tomba. Di questa carenza di amore, di affetto, di cura si dovrà parlare dopo la pandemia, perché sarà parte del nostro vero impoverimento (non solo economico) come è ora la causa di alcune morti (non per Covid ma anche con Covid). Grazie a Dio per coloro che fanno di tutto perché il distacco e la solitudine sia più leggera e vivibile.

Martina Zardini

Una in ognuna delle otto strutture gestita da Asp a Reggio Emilia: è l’obiettivo di un accordo che coinvolge anche il Comune e l’Ordine degli architetti. Appello alla città per trovare le risorse in tempo

REGGIO EMILIA – C’è il paradosso dell’affetto in questo 2020. Dalla scorsa primavera l’amore si misura sul quanto ci si sacrifica e si riesce a stare lontani per proteggersi a vicenda, anziché sul quanto ci si organizza per stare vicini. Ma quanti danni provoca questa tutela? Una delle tante domande che è e probabilmente rimarrà senza risposta. Intanto idee fino a qualche mese fa strambe adesso danno invece molto calore anche solo ad annunciarle.

Comune di Reggio, Asp e Ordine degli architetti assieme per costruire le stanze degli abbracci in ognuna delle otto strutture per anziani della città gestite dall’Azienda servizi alla persona in cui le visite sono vietate da ottobre. Parliamo di uno spazio da dedicare a una sorta di contatto tra gli anziani ospiti e i loro famigliari, un contatto che deve avvenire nella più totale sicurezza e per organizzare il quale c’è bisogno di uno studio che varia da struttura a struttura. In alcuni casi si potrebbe riuscire nell’intento anche solo attraverso pareti in plexiglass o teli, ma in altri ci sarà la necessità di una progettazione più complessa.

L’Ordine degli architetti ha scelto di regalare lo studio di fattibilità per la stanza degli abbracci ad ognuna delle Rsa della città, sette case residenziali e una casa di riposo che attualmente ospitano 500 anziani, costituendo un team di tre professionisti per ciascuna struttura. Un progetto che il Comune spera possa essere realtà per Natale, anche se non è per niente semplice; e l’amministrazione chiede l’aiuto economico della città, facendo appello agli sponsor ma anche a semplici cittadini che vogliano contribuire “adottando” una struttura e devolvendo quello che ritengono al fondo di mutuo soccorso istituito dal comune all’inizio dell’emergenza sanitaria.

CONTATTACI
SEDE LEGALE

Via S. Quirico 264, int. 2 - 50013 Campi Bisenzio (Firenze)

TELEFONO

(+39) 055 360 562

ORARI

Lun - Ven / 9:00 - 18:00