RaccontAbili” è un libro, o meglio un saggio della scrittrice, blogger e pedagogista Zoe Rondini, che con questo volume affronta in maniera precisa, puntuale, ma anche incisiva pur rimanendo delicata, molte tematiche legate alla disabilità di cui troppo spesso si parla poco, o per niente.

Cosa hanno in comune la famiglia, il lavoro, l’autonomia, l’arte, l’affettività e la sessualità con la disabilità? Semplicemente tutto.

Sono parti integranti e necessarie a ciascuna persona che sia essa normotipica o disabile.

Il problema semmai, nasce dal fatto che nel nostro paese della disabilità se ne occupano spesso solo a livello medico, clinico e assistenziale, e soprattutto persone normodotate, senza disabilità. Raramente si interrogano i diretti interessati (i disabili) su tutte le questioni più importanti che li riguardano, manca tutto il corollario di interessi e di possibilità di esperienza che connotano una vita degna, libera e appagante.

Nascere con una disabilità  o acquisirla per un incidente o malattia successiva, non deve essere vissuta come una colpa e non necessariamente come una pena.

RaccontAbili” tramite l’intuizione di Zoe, le interviste e tutto il materiale raccolto vuole proprio fare luce su tutti questi aspetti quotidiani che connotano la vita di una persona con disabilità.

Dalle varie interviste dei soggetti interessati da disabilità direttamente o indirettamente (come caregiver o operatori e specialisti) emerge che c’è ancora molto da fare per favorire la vera inclusione, la vera possibilità di vita autonoma e autodeterminata in tutti i suoi aspetti anche in quelli più strettamente personali come la sessualità e l’affettività.

I disabili sono visti, spesso, fin dal contesto primario quello famigliare, come persone da assistere, fragili, oppure come eterni bambini asessuati e questo, lo sa chi lo vive in prima persona, non è né giusto né dignitoso. 

Da molte testimonianze emerge che spesso manca proprio una consapevolezza e un supporto al disabile per poter sperimentare se stesso, i propri limiti e le proprie relazioni in un contesto che non lo veda come svantaggiato o eccessivamente inibito.

Non si può certo generalizzare troppo ovviamente, poiché le disabilità sono molteplici e ognuna con una sua peculiarità è stato di gravità, ma risulta evidente che manca proprio un progetto di educazione e sensibilizzazione della società a partire dalla famiglia, passando dalla scuola per finire agli operatori sanitari, psicologi o assistenti.

Sappiamo anche quanto sia difficile parlare della disabilità e di quanto questa influisca nella vita della persona che la vive. Molti non riescono a dire ciò che sentono veramente, si vergognano, provano pudore, non si sentono accettati, normali, con poca autostima e non è facile in un’intervista tirar fuori il meglio da ciascuna persona con sensibilità e vissuti così eterogenei, ma Zoe in questo saggio credo abbia fatto un’ottimo lavoro di selezione e presentazione dei vari contributi che arricchiscono il lettore, senza appesantire.

A proposito del concetto di “normale”, nel capitolo “il mito del normale” si legge, riguardo il bisogno affettivo e sessuale: “Durante il percorso di crescita il disabile si trova a confrontarsi con i molteplici aspetti dell’amore, dell’affettività e della sessualità, ma soprattutto con la convinzione altrui che lo reputa un eterno bambino inconsapevole o un individuo costantemente ossessionato da desideri sessuali; ciò comporta differenti forme di sofferenza, di non accettazione e di discriminazione. Ogni problematica si accentua di fronte alla disabilità cognitiva, in quanto subentrano maggiori paure, tabù e atteggiamenti di emarginazione. […] Molto è stato fatto, molto rimane ancora da fare per sostenere le persone disabili nella quotidianità e per garantire il loro effettivo inserimento nella società, senza fare della normalità un mito irraggiungibile o una prospettiva continuamente disattesa.”

Si percepisce chiaramente dalla lettura delle varie sezioni del libro che c’è una volontà di cambiare le cose, ma spesso rimane relegata a piccole realtà, frammentate, sparse qua e là nel nostro paese come le associazioni di volontari, di disabili, di genitori di disabili, le quali fanno molta fatica a portare avanti progetti che possano davvero fare la differenza.

Abbiamo, in Italia, una delle migliori leggi che tutelano i diritti delle persone con disabilità: la legge 104/1992, a riguardo il professor Alberto Bompiani sostiene: “il problema è quello finanziario per una ampia e reale applicazione, il miglioramento della competenza degli operatori e soprattutto la costante volontà di attuare solidarietà e sussidiarietà verso le persone con disabilità.”

Non è solo questione di famiglia, cultura, ambiente o fortuna, le quali componenti giocano un ruolo determinate nello sviluppo psico fisico di una persona con disabilità, ma anche, e soprattutto, di investimenti economici da parte dello stato e degli enti, occorre ripensare come migliorare davvero la vita di ogni persona con disabilità, e per farlo occorre mettere a disposizione investimento di tempo, denaro e formazione specifica.

Come nel caso tanto discusso della figura del “lovegiver” non ancora riconosciuta nel nostro paese.

Perché negare alle persone la possibilità di un’educazione affettiva, fisica e sessuale, significa negare comunque un diritto all’autodeterminazione e all’espressione di sé stessi.

Si può essere d’accordo o meno con questo pensiero, ma di sicuro un operatore specializzato in emotività affettività e sessualità è meglio che non lasciare la persona con disabilità in balia delle propria frustrazione, inibizione, paura, scarsa conoscenza o vergogna di sé, costringendo le famiglie a sopperire al bisogno fisico, oppure a reprimerlo.

Le donne poi subiscono una doppia discriminazione, sia perché donne, sia perché disabili, quindi la loro realizzazione non è contemplata nel lavoro, come nella vita affettiva, figuriamoci pretendere appagamento fisico.

E questo, ad oggi, non è più giustificabile né accettabile.

Il libro mette in luce quante e quali siano le problematiche e le lacune da colmare. Internet e i social hanno sicuramente aiutato, negli ultimi dieci anni, le persone disabili ad aprirsi e ad interagire con il mondo, uscendo dal piccolo orticello di “casa”, ma non basta e questa comunicazione veloce e a distanza non è comunque esente da rischi e da incomprensioni.

Occorre costruire una rete sociale tangibile e concreta, che magari parta dal piccolo o dal web, ma che possa poi arrivare a toccare persone possibili e credo che questo sia proprio l’obiettivo di”RaccontAbili” e della sua autrice, che ha saputo trasformare la propria unicità e condizione di disabilità in un potente stimolo per aiutare gli altri e non solo se stessa.

 

Trovate il libro “RaccontAbili” qui: https://www.ericksonlive.it/catalogo/disabilita/raccontabili/

 

(Foto libere o proprie)

 

Samanta Crespi

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